Irreversibilità nel 1949
di Mattia Rella, anche se il post riporta essenzialmente i pensieri di una nota scritta da E. Schroedinger nel 1949 che trovate Qui.

Dedurre l’irreversibilità del mondo a partire da leggi reversibili quali quelle della meccanica è stato tra i problemi più controversi. E’ sempre sembrato paradossale che leggi naturali permettenti evoluzioni in entrambe le direzioni di un parametro temporale t possano portare ad un emergente freccia del tempo.
Cito la meccanica classica come descrizione fisica microscopica ma solo come teoria efficace su scale intermedie, pure la meccanica quantistica (pensiamo all’equazione di Schroedinger) risulta simmetrica rispetto all’inversione del parametro temporale (t \rightarrow -t (a differenza di quelle stocastiche dove la simmetria tra stati iniziali e finali non sussiste).
Il riduzionismo tenta di spiegare fenomeni macroscopici coinvolgenti un’enorme numero di subunità a partire dalle leggi governanti le singole interazioni ed evoluzioni. Tale concezione della realtà mette in primo piano le leggi fondamentali, dalle quali tutto il resto può essere dedotto e qualsiasi fenomeno emergente è ad esse subordinato. In quest’ottica, l’irreversibilità macroscopica quotidianamente esperita dovrebbe potersi dedurre dalle leggi fondamentali governanti le dinamiche microscopiche che abbiamo detto essere reversibili.
Voglio solo sottolineare un paio di punti a riguardo.
Primo, la relazione tra fenomenologia macroscopica e leggi governanti le singole interazioni non è biunivoca. Un esempio comune è la riduzione meccanicistica della termodinamica classica, dove le variabili di stato quali pressione e temperatura assumono un significato in termini di velocità media e urti delle particelle classicamente descritte. Il punto qui è che la dimensionalità ridotta della descrizione termodinamica, che vede solo poche quantità macroscopicamente osservabili rientrare nel proprio spazio degli stati, ammette un enorme numero di possibili descrizioni microscopiche ad essa compatibili.
Quindi, anche se il comportamento collettivo osservato sembra essere efficacemente descritto supponendo un’evoluzione meccanica delle singole parti, questo non significa che studi più approfonditi sulle singole unità non possano mettere in luce una dinamica diversa. Sappiamo che le singole particelle sono meglio descritte dalla meccanica quantistica, ma questo non sembra cambiare la termodinamica efficace macroscopicamente osservata (nei casi più semplici).
Quindi, bisogna prestare attenzione alla molteplicità di descrizioni microscopiche (analitiche) compatibili con l’esperienza del mondo che abbiamo.
Questa prima osservazione suggerisce già una possibile via di scampo dal paradosso dell’irreversibilità: tra le varie descrizioni fondamentali compatibili con la termodinamica reversibile (all’equazione di stato, il primo principio, ecc.), quali di questi possono portare a una spiegazione efficace dell’irreversibilità del secondo principio? All’espansione irreversibile di un gas?
Se potessimo trovare delle leggi fondamentali con un certo grado di irreversibilità cosa ne conseguirebbe?
Beh, probabilmente ci scontreremo con il fatto che se isolate, le singole particelle risultano soddisfare leggi reversibili (la meccanica di Newton, la meccanica ondulatoria di Schroedinger come dinamiche e l’elettromagnetismo come interazione) quindi che significato possiamo dare alle leggi fondamentali irreversibili che collettivamente spiegherebbero l’irreversibilità osservata? Il senso direbbe che sono errate, seppur portando ad una descrizione corretta ad un livello di scala superiore non descrivono fenomeni nella scala dove sono state formulate. Sembra assurdo usare delle leggi in sé sbagliate ma che collettivamente riescono a descrivere proprietà emergenti in modo corretto. Non ho molti esempi e non saprei nemmeno se in termodinamica ci siano stati studi in questa direzione, cito solo l’efficacia che hanno avuto modelli che partono da una descrizione ultrasemplificata della dinamica del singolo (neurone, automobilista, uccello), che non corrisponde all’effettiva complessità biologica di questi, e arrivano a predire in modo solido ed efficace alcuni comportamenti collettivi (cervello, traffico, stormo). E’ come se in questi casi buona parte delle specificità risultino irrilevanti, molte potrebbero essere mediamente soppresse come la carica elettromagnetica nei materiali macroscopici neutri: anche se i componenti di una pietra sono in realtà soggetti ad interazioni elettriche, possiamo efficacemente descrivere la sua evoluzione di corpo rigido supponendolo composto da un insieme di massettine neutre, descritte da un tensore d’inerzia.
Questo per quanto riguarda il passaggio da macro al micro, affettando la realtà.
Secondo punto, anche se provassimo a costruire la fisica tramite un processo di sintesi inverso, partendo cioè da leggi fondamentali verificate (e quindi “vere”) per poi calcolare l’effetto di queste sulla molteplicità di interazioni coinvolgenti un enorme numero di unità, ci si scontrerà con altri problemi tra i quali il sopra citato paradosso dell’irreversibilità.
Siamo portati ad attribuire un elemento di realtà e verità a delle leggi che sono formulate e verificate nello stesso contesto senza salti di livello di scala o numero, come la termodinamica classica e la meccanica quantistica. Se poi queste leggi descrivono subunità di altre modellizzazioni fenomenologiche ci aspettiamo di poter ridurre queste a quelle più fondamentali tramite calcoli e/o relazioni matematiche. Se il tutto può essere svolto senza troppe difficoltà riusciamo trionfalmente ad unificare due mondi diversi sotto un’unica teoria fondamentale, da cui si riescono efficientemente a dedurre tutte le relazioni e dinamiche che avevamo dovuto precedentemente ipotizzare ma che ora risultano come conseguenze.
Ora, vorrei citare anderson1972, una critica al riduzionismo e un cambio di concezione su cosa si reputa fondamentale. Il processo di sintesi per dedurre fenomeni coinvolgenti collettività di unità elementari interagenti spesso presenta ostacoli insormontabili. Per essere più espliciti il problema risiede nell’enorme difficoltà computazionale di dedurre comportamenti emergenti a partire dalle singole interazioni ed evoluzioni, e qui non mi riferisco a difficoltà tecnologiche che potrebbero essere colmate da calcolatori più potenti ma da difficoltà esponenziali nel numero di unità e tempi considerati, che cioè scalano in modo intrinsecamente impossibile da poter essere affrontate da qualsiasi macchina oggi concepibile.
Un esempio potrebbe essere l’alta sensibilità di dinamiche caotiche con divergenza esponenziale per orbite vicine: ogni piccolo errore dovuto alla discretizzazione numerica si amplifica ad una velocità tale da rendere gli algoritmi di integrazione inaffidabili per evoluzioni che vanno oltre scale di tempo esponenzialmete piccole.
Ciò che ci rimane è sperare in relazioni matematiche che permettano una scorciatoia in questo muro computazionale, per dinamiche molto irregolari e tecnicamente chiamate ergodiche è possibile trattare il sistema in modo puramente statistico, in questi casi le quantità di interesse possono essere estrapolate come medie spaziali una volta dimostrata l’esistenza di un equilibrio statistico che verrà raggiunto dalla quasi totalità di condizioni iniziali. Sfruttiamo una caratteristica globale dello spazio delle fasi (lo spazio degli stati possibili) che risulta ammettere un’enorme regione visitata per la maggior parte del tempo dalla quasi totalità delle evoluzioni e che presenta le stesse quantità osservabili macroscopiche. Abbiamo in qualche modo superato l’insormontabile difficoltà computazionale di seguire la nostra singola evoluzione con la considerazione che essa sarà genericamente equivalente alla quasi totalità delle altre e che i suoi dettagli sono ininfluenti ai nostri scopi. Un processo delicato che richiede salti logici tutt’altro che naturali e che sono il tema della nota di Schroedinger.
Ma ancora meno ovvio è il trattamento di quei sistemi detti complessi ove la collettività non può essere ridotta ad una proprietà di media sullo spazio delle possibili configurazioni. In questi casi l’esponenziale difficoltà di integrazione si riflette in intere nuove classi di fenomeni che si presentano su scale differenti da quella fondamentale e statisticamente peculiari. Sono quindi un prodotto nuovo che deriva certo dalle dinamiche delle singole unità ma che nella loro rete di interazioni producono nuovi comportamenti non banali.
L’articolo reputa lo studio di questa classe di fenomeni appartenenti a diversi livelli di scala come vera e propria nuova fisica che non può essere subordinata a quella dei livelli sottostanti. L’impossibilità computazionale motiva la ricerca matematica di dimostrazioni alternative per oggetti incalcolabili quali le traiettorie. Sorprendente è la dimostrabilità di alcune proprietà e fenomeni collettivi che risultano da considerazioni e manipolazioni simboliche, logiche e concettuali di proprietà generali delle nostre evoluzioni come la non intersecabilità delle traiettorie, la conservazione dei volumi per flussi di fase Hamiltoniani, l’esistenza di equilibri e la loro stabilità… solo per citarne alcuni, argomentazioni di natura topologica possono poi essere portate a termine per desumere inaspettate proprietà e fenomeni che non necessitano di tutta l’informazione delle singole traiettorie.
La questione è forse capire quali informazioni necessita la domanda alla quale vogliamo rispondere, se questa è la conoscenza ad ogni istante di una specifica realizzazione del nostro sistema allora non abbiamo scampo e il puro calcolo risulta essere l’unica lunga via (a parte in alcuni casi molto specifici che risultano essere integrabili, un caso fortunato di preveggenza totale che la matematica alle volte ci offre), ma se siamo interessati a domande meno restrittive del tipo: quale sarà la zona ove il mio sistema passerà la maggior parte del suo tempo e nella quale probabilmente lo troverò? Quale sarà l’evoluzione statistica di un’osservabile macroscopico? Per quali parametri il mio sistema presenterà delle certe caratteristiche generali quali l’esistenza di cicli limite o singolarità?
Tutte queste domande necessitano di molta meno informazione per poter essere risposte, la totalità delle evoluzioni permetterebbe una risposta immediata a tutte le possibili domande, ma fortunatamente siamo spesso interessati a una classe di domande che necessitano solo un’esigua parte, ma la processazione di questa deve passare da un’arte matematica tutt’altro che banale, si devono scavalcare cancelli, corrompere funzionari, creare astrazioni allucinanti a differenza del brutale calcolo d’integrazione diretta, ma alcune domande possono essere così risposte.
L’arte di porsi le domande giuste e la tecnica rocambolesca di attaccarle è propria di ogni livello proprio per la diversa natura della domanda e degli input disponibili. Ogni domanda formulata in un livello dovrebbe poter essere risposta dai livelli sottostanti ma potrebbe richiedere troppa informazione inaccessibile dai nostri mezzi, per livelli superiori potrebbe invece essere addirittura mal posta per assenza delle informazioni minime.
Quindi, ogni livello è caratterizzato dalle proprie modellizzazioni fisiche e relative scorciatoie matematiche che dovrebbero essere reputate fondamentali in se stesse in quanto l’informazione disponibile è forse fisicamente limitata.
Veniamo ora all’irreversibilità. Ci sono più aspetti che rientrano nell’ordine di idee fin qui esposto. Limitiamoci a supporre un evoluzione microscopica deterministica soggetta a dinamiche reversibili, prendiamo pure una meccanica conservativa di Newton. Ricopriamo così un’enorme fetta di possibili sistemi attinenti a questa descrizione ma che allo stesso tempo esibiscono un’irreversibilità macroscopica. Cito i gas come classico esempio già nominato.
Solitamente si constata che dato un macrostato di partenza determinato dalle variabili termodinamiche quali temperatura, volume e pressione, che supponiamo definibili (il sistema si trova all’equilibrio), abbia la quasi totalità dei microstati (e cioè delle possibili configurazioni dinamiche microscopiche) ad esso compatibili che portano alle conseguenze effettivamente osservate a seguito di cambiamenti più o meno bruschi delle condizioni esterne (come per esempio la rimozione di una parete che permette la diffusione a volumi maggiori, o il riscaldamento di una parete per un certo periodo). Queste conseguenze sono spesso l’evoluzione verso il macrostato di massima entropia che è un’ipotesi fondamentale all’applicabilità della meccanica statistica.
L’irreversibilità in questi casi (come quella della diffusione) sembrerebbe essere dovuta alla preponderanza di condizioni con futuri entropicamente favoriti. Il dilemma nasce quando ci si ricorda la reversibilità microscopica delle nostre leggi dinamiche, per ogni evoluzione verso il massimo entropico dobbiamo ammettere anche la traiettoria in senso contrario (nello spazio delle configurazioni, in quello delle fasi le velocità saranno quelle opposte). Questa corrispondenza 1-1 sembrerebbe dare egual probabilità ad evoluzioni verso e da il massimo entropico. Si è però capito che in questi casi la stragrande maggioranza delle condizioni iniziali ha sia futuri che passati massimamente entropici, è come se la maggior parte dei punti fuori equilibrio siano transienti di oscillazioni dell’equilibrio stesso e lo hanno lasciato da relativamente poco. Quindi se si considerano sia la soluzione in una direzione che quella con tempo opposto si ottiene un evoluzione verso il massimo entropico: la relazione 1-1 in realtà riflette delle soluzioni ad anello che escono e si rituffano nell’equilibrio termodinamico passando con l’estremità del laccio dal macrostato iniziale considerato.
Tutto ciò sembra risolvere il paradosso dell’irreversibilità a partire da dinamiche reversibili: queste ultime sono nella stragrande maggioranza oscillazioni simmetriche da un equilibrio di massima entropia. Questo ci conferma l’idea di equilibrio come stato simmetrico rispetto ad inversione temporale, e cioè che dall’osservazione delle sue fluttuazioni non è possibile desumere alcuna freccia del tempo, un eventuale filmato di queste visto a ritroso non risulterebbe anomalo.
Il problema sollevato da Schroedinger è che di queste soluzioni simmetriche rispetto all’equilibrio non ce n’è importa nulla se conosciamo il passato del nostro stato che non era affatto l’equilibrio finale. Risulta che i microstati che hanno un passato compatibile con quello ordinato inizialmente (e che quindi non deriva da oscillazioni d’equilibrio) sono talmente poche che l’argomento di prima sulla preponderanza statistica delle evoluzioni compatibili con il principio entropico viene a cadere.
A questo punto, S. non si propone di risolvere il dilemma dell’irreversibilità ma critica la soluzione di carattere quantistico proposta da Born. Questi afferma che l’impossibilità di constatare il vero microstato di un dato sistema e l’impossibilità di dedurre un passato senza interferire con questo tramite misurazioni invasive, porta a dover considerare in sovrapposizione tutti i possibili stati compatibili, e quindi la preponderanza delle soluzioni di laccio spiega l’evoluzione osservata.
S. afferma che per molti sistemi è indubbia l’esistenza di un passato discernibile senza troppe interferenze con l’evoluzione stessa e reputa improprio ignorare tale storia.
L’idea qualitativa che mi sono fatto, senza alcun materiale che possa supportarla, è che l’argomento della preponderanza compatibile non è sfruttabile dato che per queste evoluzioni con passato ordinato si ha una relazione 1-1 con evoluzioni contrarie che però sono incompatibili con quello che si osserva, ma si potrebbe di nuovo argomentare che la storia potrebbe essere compatibile con una grande oscillazione dell’equilibrio che vede il passato più remoto come estremo del laccio simmetrico, il problema sussiste se la storia osservata si discosta da questo passato di fluttuazione.
In questi casi mi verrebbe da dire che bisognerebbe studiare la probabilità che questo esiguo numero di microstiati con passati peculiari appartengano a quell’esigua classe di microstati con futuri incompatibili con il massimo entropico. Questa probabilità di appartenenza penso sia la difficoltà principale per concludere l’irreversibilità di questo tipo di evoluzioni. Fatto sta che la questione forse fisicamente più rilevante sono le leggere seppur presenti fonti di stocasticità dovute alla misura e alle fluttuazioni delle condizioni esterne, queste perturbazioni possono facilmente far transitare il nostro sistema ai preponderanti microstati entropicamente simmetrici (i lacci) a prescindere del passato e l’argomentazione quantistica di Born risulta applicabile anche se la ragione in quest’interpretazione risiede nella densità dei lacci e alle arbitrariamente piccole perturbazioni.
Un’altra considerazione che voglio fare prima di enunciare la legge entropica proposta da S. è che anche nel caso ideale di evoluzioni non soggette a perturbazioni con passati ordinati si ha che il brusco cambiamento delle condizioni esterne, quali la rimozione di una barriera provoca la fuoriuscita del nostro sistema dalla zona che precedentemente era di equilibrio per avventurarsi nel nuovo spazio delle fasi più vasto, rimane vera la corrispondenza 1-1 delle evoluzioni entranti ed uscenti dall’equilibrio, ma per poter uscire il sistema deve prima entrare e i tempi di riaffioramento a tale ordine potrebbero essere astronomici. Il problema si limita a quelle soluzioni che hanno sia passato che futuro ordinato, che cioè rimangono confinate nello spazio senza diffondere anche a seguito della rimozione della parete, cosa estremamente improbabile.
E’ vero che sono tutte chiacchiere ma i conti non posso farli per un piccolo post come questo, magari un giorno si potrebbe studiare qualche flusso Hamiltoniano un po’ più nel concreto…
Ora, finalmente enunciamo il principio d’irreversibilità proposto da S. compatibile con la reversibilità microscopica, in modo da definire un tempo fenomenologico consistente. Per questo è necessario che siano presenti almeno due sistemi che tra i tempi parametrici t_1 e t_2 (introduciamo il tempo parametrico come semplice variabile temporale atta alla risoluzione delle equazioni del moto simmetriche rispetto alla sua inversione) sono isolati tra loro in modo da poter definire le relative differenze di entropia \Delta S_1 e \Delta S_2 in modo separato. Il principio proposto è
\Delta S_1 \Delta S_2 >0
Quando le differenze sono positive il tempo fenomenologico risulta essere t, mentre nel caso queste risultino negative il tempo fenomenologico diventa -t. Come ho detto, qui non si vuole dedurre il fatto di non osservare quasi mai queste ultime evoluzioni ma abbiamo formulato un principio entropico che ammette tali oscillazioni fuori equilibrio con tempi fenomenologici a ritroso ma alla condizione che entrambe le variazioni siano negative. Questo riflette la preponderanza dei lacci entropicamente simmetrici e sta a significare che la data situazione di fuori equilibrio constatata è stata raggiunta quasi certamente da un percorso speculare a quello della crescita monotona di entropia in tutte le sue parti comunemente accettata come evoluzione fenomenologica macroscopica normale. In poche parole che le fluttuazioni entropicamente simmetriche sono quasi la totalità dei discostamenti possibili dal massimo entropico.
Qui fermo questo post, senza disegni esplicativi e senza esempi concreti, fatto quasi esclusivamente di parole, come pure quello di S. da cui ho tratto ispirazione, anche se il suo contenuto ha una cognizione di causa data dall’esperienza di chi la fisica la fece davvero. Qui ci accontentiamo, per ora, di questo.
Se qualcuno vuole commentare o non è d’accordo con qualcosa, benvenga, spunto penso ce ne sia.